In occasione della mia mostra personale intitolata “Il mondo di mezzo” al Mini Mu di Trieste dal 16 maggio al 12 di giugno, pubblico per intero l’intervista a Roberto Vidali rilasciata alla rivista “Juliet” n.172, pag. 69, con la più viva riconoscenza per tutta la città! (Interview by Roberto Vidali, Juliet Art Magazine 172|69)
-Quale la tua formazione e perchè hai deciso di dedicarti alla pittura?
Ho ricevuto una formazione artistica molto articolata, composita. Il mio primo amore è stato il fumetto, anzi: il cinema di animazione. E non ho subito pitturato, disegnavo con un colore soltanto. Però a dodici anni con una cinepresa in 8mm di mio zio, insieme ad un amico, realizzai i primi cartoni animati. Somigliavano molto alle moderne “Graphic Novel” per la limitatezza dei mezzi e per l’estrema sintesi iconografica, ma ben presto ho approfondito la tecnica alla scuola “Cappiello” dove giovanissimo appresi la sintassi creativa del racconto per immagini da Tomislav Spikic. Poi mi sono diplomato all’Istituto D’arte Di Porta Romana, a Firenze, al corso di Fotografia e pubblicità; Il mio primo maestro e mentore fu Leo Mattioli, scomparso di recente, uno dei più grandi artisti dell’illustrazione italiana. Dopo la maturità fui assunto come visualizer in una famosa agenzia pubblicitaria fiorentina, la Leader. Per me quella è stata la vera bottega d’arte, la vera palestra di arti visive. E’ lì che ho imparato a dipingere ed usare il colore. Solo che i miei primi pennelli sono stati i markers e la mia tavolozza il cartone Martello (leggi il mio articolo). Infine ho deciso di fare pittura quasi per sfidare il luogo comune che la vede morta, involuta e anacronistica; credo vi possa essere ancora un futuro purché riletta in senso personale e concettuale.
-Quali sono i problemi di un artista che voglia inserirsi all’interno del sistema dell’arte?
Riuscire nel mondo dell’arte di oggi non è molto diverso dal riuscire in qualsiasi altro settore professionale: ci vogliono sì conoscenze, aiuti economici e tanta fortuna, ma soprattutto una enorme volontà perseveranza e fiducia in se stessi a fare la differenza.
Purtroppo va denunciata una grande assenza di aiuti e contributi dal mondo dell’impresa e delle istituzioni, che vedono ormai solo un rischio nell’incentivare quello che potrebbe essere uno degli investimenti a maggior ritorno nel futuro.
-Puoi darci alcune considerazioni sul tuo lavoro e soprattutto perchè tu suggerisci a un collezionista di comperare un tuo quadro?
I collezionisti credo si dividano in due categorie. Quelli che comperano un’opera da cui vengono fortemente attratti e quelli che se la fanno comperare da un gallerista di loro fiducia. Ai primi forse non dovrei spiegare molto, in quanto vengono spesso attratti dal clima, dalle atmosfere delle mie opere, perché Il mio lavoro parte sempre dall’unione di un concetto ad una emozione visiva. Dipingo dei libri legati in pile ed accumulati in montagne perché fondamentalmente credo che interessano sempre meno e saranno presto cimeli archeologici da mostrare nei musei, dopo averli accatastati in cantine e magazzini. Ma l’immagine dei libri legati è talmente evocativa per ciascuno di noi (chi non li conserva in qualche angolo di casa?) che provoca una adozione visiva emotivamente coinvolgente. Stessa cosa per i cumuli di materiali di scarto, che sono dipinti con la stessa tecnica di ameni paesaggi. Ad un collezionista del secondo tipo posso solo chiedere l’indirizzo del loro gallerista.
-Ci dici due parole sulla mostra che porterai da Casier di Treviso al MiniMu?
Tutto vorrei si spiegasse con il titolo, “il mondo di mezzo”. Perché questo titolo? Perché il mio lavoro risente e in modo naturale della contemporaneità, di ciò che mi circonda. Penso sia un privilegio di un artista poter vedere cose che altri non vedono ma soprattutto nascondere nelle immagini delle cifre, degli spunti personali che altri non possono decodificare. Almeno non immediatamente. A questo proposito Mi piace ricordare una frase che diceva lo scrittore francese Andrè Gide “Vi prego, non mi comprendete troppo in fretta”.
In questa mostra Espongo molti dipinti ad olio inediti tra cui Gli accumuli di oggetti, che avevo ampiamente illustrato in precedenti mostre, e che stavolta si estendono anche al soggetto umano, alla “figura” come si dice. Saranno in mostra molti formati piccoli e medi che rappresentano bagnanti ammassati sulla spiaggia, mini-tasselli di una spiaggia più immaginata che dipinta in quanto in molti di questi frammenti la spiaggia non si riesce neanche a vederla. Sono ammassi di corpi spesso appena coperti da lembi di asciugamani e poi occhialini, cappellini da sole, riviste, telefonini…
E’ un mondo di mezzo, che sta sempre nel mezzo tra la felicità e l’avvilimento, la conoscenza e l’incoscienza, l’affare e il malaffare e tra mille altri opposti ed opponibili. Perché? Perché la realtà nell’arte (come nella vita) non è e non può essere quello che appare, che ci vuol far credere. Ma tutto è ricerca, ricerca di verità e scienza, e questo non avrà mai fine….
-Che cosa ti aspetti dalla città di Trieste?
Un’incontro fertile di opportunità e conoscenze, nella città che nel mio immaginario evoca la letteratura, il romanzo la poesia ma anche il carattere forte riservato e concreto della gente di queste parti. Una città così legata alla sua condizione “di frontiera” è una città di incrocio di culture, di pensiero, lontana dall’omologazione e da conformità di vedute…
Roberto Vidali, Trieste 2015
Foto ritratto Copyright © 2012 by Stefano Cellai