In occasione della mostra ai Bagni Salvadori a Castiglioncello, 19 Luglio 2014. Di Beth Vermeer – “L’arte praticata in luoghi inconsueti come negozi, uffici, aree dimesse, alberghi e bar, cerca visibilità alternativa, inventandosi forme di infiltrazione nel contesto quotidiano. Questo fenomeno ormai frequente in Italia, è maturato come riflesso di correnti internazionali. Nel caso dello stabilimento balneare Salvadori a Castiglioncello il rapporto con l’arte risale comunque a tempi remoti, visto che le prime esposizioni furono realizzate negli Anni ’40. Ciò che aggiunge alla funzione della sede uno strato di contemporaneità mordente, sono le opere di Andrea Mancini attualmente in mostra che costituiscono un corpus di “psicogeografia” balneare, per dirlo nella terminologia dei situazionisti degli Anni ’60. “
Secondo la vecchia utopia modernista bisognava far confluire l’esperienza estetica nel sociale ed annullare le distanze con il pubblico. Mancini, contemporaneo, dipinge il resoconto statistico di una vitalità intellettuale svanita, là dove il programma d’azione adottato da artisti combattenti fallisce. Il non-luogo delle spiagge, luogo qualunque in un tempo non definito, diventa palcoscenico della mediocrità. Richiamando i capolavori di grandi maestri come Matisse, Picasso, Cézanne che influirono notevolmente sulle generazioni d’artisti successive, Mancini chiama il suo pubblico “ I bagnanti “, e lo ferma in gesti banali che riempiono tristemente i loro momenti nulli. Il concetto del potenziale rivoluzionario del tempo libero, viene annientato dalla visione dei corpi ammassati che, nei dipinti di Mancini, non leggono mai. Sembrano tutti in pausa, sospesi dal pensiero tramite il flash di una polaroid istantanea che non offre conforti diversi.
Nell’architettura delle sue opere, l’attenzione di Mancini non ricade mai sulla carne, ma piuttosto sui corpi che strutturano potentemente lo spazio. L’acqua non viene tematizzata, e l’universo del quadro si concentra su una folla anonima che viene ripresa in scala variegata : in primo piano oppure in una panoramica, in prospettive alternanti che accentuano ancora e sempre l’effetto finale, quello di una petrosa staticità, raggiunte con una gamma di colori ridotta a sfumature spente che infonde nell’osservatore un’inquietudine esistenziale’.
Mancini interpreta coraggiosamente un tema classico della pittura, il nudo, la figura, con una tecnica che unisce le diverse conoscenze maturate nella sua ricerca artistica. Conferendo alla tela una luce abbagliante tutta sua, si avvicina piuttosto all’astrazione dei corpi naturali che si fanno superfice e volume pittorico. Forse Mancini sente ancora la contaminazione creativa dei suoi soggiorni newyorkesi e con essa le parole di Robert Henri, maestro di Edward Hopper e George Bellows, che soleva dire ai suoi allievi : dimenticate l’arte e dipingete solo quello che nella vita vi interessa veramente. C’è quindi un forte messaggio socio-culturale nel fare arte di Mancini che, nell’ipotesi più rosea, fa diventare Castiglioncello un luogo di confronto tra i tempi e le mode di allora e di oggi.”
( Beth Vermeer, Luglio 2014)